La luce sugli oceani: recensione

LA LUCE SUGLI OCEANI RIFLETTE SUL TEMA DELLA GENITORIALITÀ, DELLA PERDITA E DEL PERDONO, MA CON UNA NARRAZIONE TROPPO PROLISSA

The_Light_Between_Oceans_posterGENERE: drammatico

DURATA: 133 minuti

USCITA IN SALA: 8 marzo 2017

VOTO: 3 su 5

Tom Sherborune, veterano della Prima Guerra Mondiale, al suo ritorno in patria decide di isolarsi e chiede volontariamente di essere mandato sull’isola di Janus come custode del faro. Prima di partire conosce una giovane donna, Isabel. Tra i due ci sono subito degli sguardi che lasciano intendere ad una simpatia. Al loro primo appuntamento Isabel riesce a scorgere in lui un flebile luce che l’uomo pensa invece ormai scomparsa a causa delle brutalità viste e vissute con la guerra, che lo avrebbero reso insensibile.  Ma ha ragione Liz, che riesce con la sua vitalità a fargli riprovare emozioni dimenticate. Si scrivono, si piacciono, si sposano, e la ragazza lo raggiunge.

La vita scorre felice nonostante la lontananza dalle altre persone, ma a minarla arrivano due aborti spontanei che gettano la ragazza  nel più totale sconforto. Miracolosamente, proprio in coincidenza con il secondo sventurato parto, una barca a remi viene spinta dal mare fin sulle coste dell’isola, e a bordo ci sono il cadavere di un uomo adulto e una neonata viva. Isabel insiste fino a convicere il marito a tenere la piccola e a non comunicare quanto avvenuto, facendo in modo che nessuno sappia e che tutti la conoscano come la loro figlia biologica. In realtà, a complicare tutto, c’è il fatto che qualcuno sta cercando la piccola Lucy, e Tom non riesce a tirarsi indietro e a rinnegare ancora una volta la sua lealtà e il suo rispetto verso il prossimo e le regole.

La luce sugli oceani (The light between oceans) diretto da Derek Cianfrance, adattamento dell’omonimo primo romanzo di M.L. Stedman, gioca con maestria su una fotografia elegante e raffinata e vanta inquadrature di splendide vedute dell’isola quasi del tutto incontaminata. Molti sono i temi affrontati nel film, a partire da quello della perdita, che ricorrerà prepotentemente fino a divenire centrale accanto a quello della genitorialità. È Isabel, alla prima uscita con il bello e poco loquace Tom, a introdurre la tematica asserendo come la perdita di un genitore definisco il figlio un orfano, mentre se un padre o una madre perdono un figlio continuano a rimanere tali, in quanto non c’è un termine che descriva la loro nuova situazione.

Una riflessione profetica, e strettamente legata alla seconda tematica: in seguito ai due aborti spontanei e al concretizzarsi del l’impossibilità per la coppia di avere un figlio, l’arrivo della neonata e l’acquisizione finalmente dello status di madre sembra essere l’unica speranza per non far crollare lei nella disperazione e salvarla da questo grande dolore, motivo che spinge Tom ad andare contro ogni suo convinzione riguardo il rispetto delle regole e la lealtà, trasgredendo suo malgrado al solo fine della salvaguardia matrimoniale.

Purtroppo a minare La luce sugli oceani è una lunghezza esagerata della pellicola e la lentezza della narrazione che potrebbero annoiare lo spettatore, e qualche trovata che sembra fin troppo antiquata, come gli aberranti titoli di coda, e che cozza con sequenze notevoli come quella della tempesta. Punto decisamente a favore la presenza di Alicia Vikander: è lei con la sua strabiliante e sentita interpretazione a risaltare sugli altri attori o sono loro, Michael Fassbender e Rachel Weiz, a non dare il massimo che avrebbero potuto? Per quel che riguarda il partner, sia nella vita che sul set, della neo vincitrice agli Oscar (e galeotto fu proprio questo film) Fassbender rimane troppo ingessato per riuscire a lasciarsi totalmente andare a quel cambiamento che sappiamo esserci ma che si sente solo a tratti; leggermente sottotono anche la Wiez nel ruolo della madre naturale di Lucy.

Provocando più volte una stretta al cuore, fino a rischiare di divenire emotivamente estenuante, il discorso di La luce sugli oceani rimane continuamente in bilico tra cosa è giusto e cosa è sbagliato, e soprattutto per chi lo è, diventando graffiante su un problema tutt’oggi discusso ma a cui non è possibile (né lo sarà mai) dare una risposta: il vero genitore per un bambino è quello biologico o chi lo cresce?

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